Villa Ciani prende il nome dai due fratelli che fecero ristrutturare la villa preesistente – risalente al XVII secolo – nell’ottocentesca forma attuale. Giunti in esilio a Lugano nel 1830, Giacomo e Filippo Ciani, tra il 1840 e il 1843 circa, acquistarono dalla famiglia di patrizi luganesi Farina il palazzo, già di proprietà dei nobili Beroldigen e costruito sulle rovine dell’antico castello cinquecentesco. Affidarono poi la trasformazione in residenza privata al celebre architetto milanese Luigi Clerichetti (1798-1876), a cui negli anni Cinquanta commissionarono anche la costruzione dell’Hôtel du Parc.
Clerichetti progettò una villa armoniosamente integrata nel meraviglioso parco e paesaggio circostante. In origine, la struttura proseguiva sul retro con due scuderie disposte a tenaglia intorno a un cortile interno con maneggio, demolite nel 1968 per far posto al Palazzo dei Congressi.
L’insieme architettonico rivela una grande coerenza tra l’assetto esterno dell’edificio – che riprende con essenziale semplicità la tipologia delle ville rinascimentali – e gli interni, nei quali si susseguono le stanze, ognuna caratterizzata in modo diverso a seconda della destinazione. Gli apparati decorativi, che alternano motivi ispirati agli svaghi, come quello della caccia, ad altri legati alla fortuna degli ornati classici, etruschi e orientaleggianti, convivono all’interno di ambienti articolati rigorosamente, assecondando il gusto storicistico dell’epoca.
L’intero programma decorativo rispecchia le aspirazioni della nuova classe dirigente, nella quale i Ciani si riconoscevano pienamente. Per affermare la propria immagine e il proprio ruolo, i fratelli adottarono modelli e iconografie tratti dagli apparati decorativi in uso nelle residenze nobiliari lombarde e piemontesi.
Alla morte dei fratelli, la proprietà passò all’erede Antonio Gabrini, che vi abitò fino al 1908. Nel 1912 fu acquistata dalla Città di Lugano, che vi insediò dapprima il museo storico (1915-1963), quindi il museo di belle arti, con opere della Fondazione Antonio Caccia (1933-2010).
Negli anni Sessanta l’edificio fu ristrutturato su progetto di Alberto Camenzind e Bruno Brocchi; nei primi anni Novanta seguirono ulteriori interventi, guidati da Gianfranco Rossi, per l’ammodernamento degli impianti tecnici e il restauro degli interni, con l’obiettivo di ottimizzare l’esposizione delle opere d’arte della città.
Nel 2015, con l’inaugurazione del nuovo centro culturale LAC e l’istituzione del Museo d’arte della Svizzera italiana, la collezione venne spostata dalla villa, che fu quindi convertita in sede per eventi e manifestazioni.